MANUALE DI GRAFOLOGIA del Prof. Umberto Koch
Nel 1914 esce per i tipi dell’Officina Tipografica Gaspare Scarponi, Succursale dei fratelli Quercetti, a Osimo (AN), il Manuale di Grafologia, scritto dal Prof. Umberto Koch.
La grafologia agli inizi del ’900 era una disciplina ancora poco nota, anche se testi e opere sull’argomento erano già in circolazione.
Il nostro autore analizza con rigore scientifico e illustra il metodo da lui creato autonomamente, senza influenze esterne, basandosi su quell’istinto in lui innato di captare l’intera persona dal modo di scrivere. La sua passione di saper “leggere” la scrittura — tanto da immaginarsi davanti a sé, in carne ed ossa, lo scrivente — gli apparteneva fin da ragazzo. Non sapeva spiegarsi questa attitudine, convinto che appartenesse a tutti e che tutti fossero, come lui, capaci di vedersi dinnanzi la persona vera e propria attraverso il foglio scritto, attraverso i modi di tracciare lettere parole frasi sul foglio.
Fino al 1905 quando per caso legge un articoletto intitolato proprio Grafologia. Si infiamma per quel sapere e da quel momento la passione diventa studio, uno studio sistematico di quest’arte raffinata, basata sulle sue impressioni ricavate esaminando grafie. Ne esaminerà 28.000 — scrive — prima di accingersi a redigere e pubblicare il suo Manuale.
Questo manuale, presenta quello che diventerà: il metodo Morettiano di indagine grafologica.

Questo testo infatti è…
l’opera prima di Padre Girolamo Moretti, il padre fondatore della grafologia in Italia!
Ma perché aveva scelto di pubblicare sotto pseudonimo? E come aveva scelto lo pseudonimo?
È facile capire che, essendo Girolamo Moretti un Padre conventuale, il suo ambiente non avrebbe gradito la divulgazione di una disciplina ancora così incerta, ritenuta poco affidabile e poco dimostrabile scientificamente anche dal mondo della medicina e della psicologia. L’autore aveva così voluto cautelarsi «da quei fastidi ai quali, nonostante tutto, sono andato incontro», scriverà Padre Moretti in una lettera al collega e conoscente Clemente Colacino nell’aprile del ’54.
Fastidi ne ebbe comunque e li racconta nella sua autobiografia (G.M., Chi l’avrebbe mai pensato? Autobiografia, Prefazione di Giulio Berrettoni, Introduzione di Salvatore Ruzza, Ancona, Curia Provinciale dei Frati Minori Conventuali, 1977).
Il nome Umberto è in realtà il nome di battesimo di Padre Moretti, che aveva poi scelto quello di Girolamo facendosi frate. Circa la scelta del cognome, Koch, invece non si hanno certezze: forse egli si era ispirato a Robert Koch, scopritore del bacillo della tubercolosi (nel 1882), come si racconta nella prefazione all’edizione anastatica del 2005 del Manuale (redatta da Pacifico Cristofanelli e che ci riporta le informazioni sulla genesi e la storia di questo primo manuale). O forse invece si era ispirato all’architetto Gaetano Koch, romano, attivo a Recanati —paese natìo del Moretti— verso la fine dell’800, divenuto cittadino onorario della cittadina marchigiana (B. Felicetti, Umberto Koch/Girolamo Moretti, in Scrittura n°134, aprile-giugno 2005; cfr. la prefazione di Cristofanelli al Manuale, pag. IX).
Quel che è certo è che a quella prima edizione del 1914 ne seguirono altre otto, con ampliamenti e modifiche successive.
La storia di questo manuale, divenuto presto “Trattato” (1920), è lunga molti decenni. Testimonia il lavoro e l’applicazione del Moretti e dei suoi collaboratori — in particolare Padre Luisetto — al miglioramento e alla spiegazione dei principi fondamentali, che stanno alla base di questo originale e raffinato metodo di indagine psicologica, del carattere, dei modi di espressione e del sentire degli individui, un’umanità sempre in movimento eppure sempre riconoscibile e in qualche senso immutabile. Il “panta rei” dei greci, l’Universale e il Particolare sempre compresenti nell’umanità, l’aspetto ontogenetico indissolubile da quello filogenetico.
L’ultima edizione del Manuale ormai diventato Trattato risale al 1955, Edizione Messaggero di Padova, e ristampata ancora molte volte, fino alla xv edizione, sempre per i tipi del Messaggero di Padova, del 2006.
Il Trattato di Grafologia, “grammatica essenziale della sua scienza” — così lo definisce Padre Luisetto, il quale aveva sostenuto fin dal ’47 l’opera morettiana — è il testo base per l’apprendimento di questo fenomenale metodo che pone analogie tra il portamento, il comportamento, la mentalità, il modo di ragionare, di ricordare, di affrontare la vita degli individui e la grafia personalizzata e originale che ciascuno di noi adotta nel corso della vita.
In modo incredibilmente efficace attribuisce caratteristiche riscontrabili poi puntualmente nei modi di porsi agire pensare dell’individuo scrivente.
Una specie di “mostrami come scrivi e ti dirò come sei, come ti comporti, quali sentimenti ti dominano”. E anche “chi pensi di essere o chi vorresti essere”…

Patrizia Rizzi
Grafologa e Responsabile Gruppo Ricerca