Jean-Hippolyte Michon visto attraverso le parole di George Sand
Nohant, 13 dicembre 1871
(…) Spontaneità spinta fino all’irriflessione. Sincerità senza limiti, bontà senza restrizioni. Giudizio a pioggia sotto il governo del sentimento che non fa ragionamenti né ha riserve su niente; imprevidenza assoluta; disinteresse totale per gli aspetti materiali della vita; è una persona sempre a corto di tempo, che impiega senza risparmiarsi, perché non si perde nelle abitudini quotidiane e non sta a guardare l’orologio. Immaginazione e sensibilità dominano quest’anima bella e le donano un’apparente inconsistenza; è capace di essere studiosa, di meditare, e perfino di arrivare ad essere scientifica, ma mi stupirei grandemente se non facesse dono di tutto quello che la emoziona. Capace di passione, addirittura appassionata, ignora la violenza anzi la odia! È tenera ed espansiva. Se ha un difetto, è quello di abdicare e vivere sotto l’influsso di un fiducioso ottimismo che può sfociare in debolezza. In conclusione dal punto di vista evangelico l’incompletezza di tale natura è ancora una magia, un incanto, una prodigalità di buone intenzioni.
Ecco, Signore, quel che penso di voi dalla vostra grafia — e senza lasciarmi influenzare da ciò che ho letto di voi, perché non ho avuto l’onore di conoscervi personalmente né ho conosciuto persone, vostre amiche, che mi abbiano parlato della vostra vita privata.
Certo, posso sbagliarmi del tutto, non ho “un sistema”, ma ricevo molte lettere: l’istinto mi porta naturalmente ad osservare e farmi un’idea di chi scrive dall’insieme della grafia. Non pretendo di non essermi mai sbagliata, ma spesso ci prendo! Le scritture spontanee son sempre più rare e spero che prenderete in considerazione le osservazioni che mi son permessa di fare.
Vi prego di accettare la mia devozione
George Sand

Questa è la descrizione che dell’abate Jean-Hippolyte Michon (1806-1881) fa, in una lettera a lui indirizzata, George Sand: dalla semplice osservazione della grafia dell’uomo che è a tutti gli effetti considerato il fondatore della grafologia in Francia, la scrittrice descrive l’uomo.
Michon fu predicatore famoso, giornalista, scrittore assai fecondo e pubblicò, anonimi, una serie di romanzi contro i gesuiti.
Nel corso degli anni Michon aveva raccolto un gran numero di osservazioni grafologiche, organizzate sistematicamente. Appare nel 1878 il primo libro scritto con altri e intitolato “I Misteri della scrittura”, un testo che disconoscerà subito dopo la pubblicazione, in quanto metteva in cattiva luce la nuova disciplina.
Sono poi del 1875 (Système de graphologie) e del 1878 (Méthode pratique de graphologie) i primi veri libri della metodologia grafologica da lui impostata. È dopo queste pubblicazioni che iniziò a diffondere il suo originale sistema, basato su “segni fissi”, mediante conferenze, consultazioni e fondando nel 1871 la Société de Graphologie (tuttora esistente con il nome di Société française de Graphologie) e pubblicando la rivista La Graphologie (dal 1872 al 1878).
Nella Prefazione al suo Méthode pratique de Graphologie, Michon afferma che “una scienza non perfettibile non sarà mai una scienza; i numerosi discepoli, un giorno, la faranno progredire dopo di noi, secondo sviluppi che l’inventore stesso non poteva supporre quando ha gettato le prime basi.”
Nel 1879 Michon inizia il Dictionaire des Notabilités de la France, nel quale sarebbero stati illustrati e analizzati gli scritti di personaggi storici e illustri che avevano vissuto ed agito in Francia nel corso dei secoli. Il dizionario avrebbe dovuto consistere di due o tre volumi che l’autore prevedeva di completare nello spazio di cinque anni, ma la morte, avvenuta nel 1881, lascerà incompleto il dizionario, del quale solo il primo volume era stato pubblicato.
Le analisi contenute nei testi del Michon risentono ovviamente dell’epoca storica. È curioso come egli leghi la nazionalità ai modi della scrittura. Rinviene persino caratteristiche che deriverebbero dalla zona di nascita dello scrivente, individuando caratteristiche legate all’ambiente bretone o a quello della Francia meridionale nei tratti di scrittura. “Voltaire, ad esempio, ha una scrittura eminentemente francese. Lamartine ha una scrittura tipica della grazia, della leggerezza, dell’inconsistenza francese. Lamennais ha una scrittura splendida, ma l’ostinazione, la rigidità bretone ne fanno sfumare lo stile.” Così scrive ad esempio nell’introduzione al suo metodo.

Chi era George Sand
George Sand (pseudonimo di Aurore Dupin — Parigi, 1° luglio 1804 – Nohant-Vic, 8 giugno 1876) è stata una figura affascinante nell’ambiente della nobiltà francese: scrittrice prolifica, è autrice di romanzi, novelle, drammi teatrali. Pubblica i suoi libri sotto pseudonimo maschile non per provocazione o travestitismo ma per rifiuto del conformismo; la sua scelta era legata al desiderio di indipendenza e al fatto che le scrittrici donne non venivano lette o apprezzate quanto gli scrittori. La sua vita fu piuttosto movimentata, sempre alla ricerca.
Gustave Flaubert così la descrive: “Si doveva conoscerla come l’ho conosciuta io, per sapere quanto vi era di femminile in questo grande uomo, per conoscere l’immensa tenerezza di questo genio.”
Cresciuta in una famiglia bonapartista, nel corso della vita si avvicinerà alle posizioni repubblicane e in seguito alle idee socialiste.
Aurore visse, dopo la morte del padre, insieme alla nonna paterna e al fratellastro Hippolyte nella tenuta di famiglia a Nohant (Centro-Valle della Loira). È qui che sotto la guida di un precettore impara a leggere e scrivere, studia l’aritmetica, la storia, la musica ed è qui che si abitua a vestire abiti maschili, più confortevoli e pratici per correre nei prati, passeggiare nei boschi della tenuta, cavalcare. Gli abiti maschili le permetteranno inoltre, più avanti negli anni, di frequentare luoghi altrimenti interdetti alle donne.
Passava con la nonna anche alcuni mesi a Parigi, ma i cattivi rapporti che intercorrevano tra sua madre e la nonna, la suocera, avevano fatto diradare questi periodi e reso rari gli incontri tra madre e figlia.
Nel 1818 entra per volontà della nonna nel convento delle Agostiniane e progetta di farsi suora. La nonna però nel 1820 decide di riportare Aurore a Nohant, considerando la crisi mistica della nipote semplici fantasie adolescenziali.
La nonna muore nel dicembre del 1821, lasciandola erede della proprietà di Nohant.
Aurore nel 1822 si sposa con il giovane barone Casimir Dudevant. Nel 1823 nasce il figlio della coppia, Maurice. I due hanno interessi molto differenti e ben presto Aurore cerca distrazioni dalla loro vita in comune.
Tornati a Nohant dopo un periodo passato nelle proprietà del marito, in Gascogne, vivono vite separate e frequentano ambienti diversi. Nel 1828 nasce Solange, la seconda figlia di Aurore (sicuramente non una Dudevant, ma con tutta probabilità figlia di un vecchio amico di La Châtre, il paese vicino a Nohant, dove Aurore aveva passato l’infanzia).
Accordatasi nel 1831 con il marito, che resterà a vivere nella tenuta di Nohant, decide di passare parte dell’anno a Parigi coi figli, per potersi dedicare alla letteratura.
Nel 1836 Aurore e il marito ottengono il divorzio. Dopo varie relazioni amorose, nessuna della quali duratura, Aurore conosce Chopin (Żelowa Wola, 1810 – Parigi, 1849), già malato di tubercolosi, ed inizia con lui una relazione che durerà dal 1838 fino al 1846. Aurore confessò di aver avuto per l’artista una sorta di “adorazione materna”. Chopin, dal carattere instabile e capriccioso, in realtà pare non si trovasse a suo agio nell’ambiente repubblicano e socialista della Sand.

Patrizia Rizzi
Grafologa e Responsabile del Gruppo Ricerca di AGI Lombardia