L’anima e la scrittura, secondo Teillard, sono in stretta relazione. Quando parla di scrittura però non intende propriamente le parole, il testo, il contenuto di ciò che scriviamo, anche se di sicuro anche in esso il legame con la nostra anima può essere forte o fortissimo.
No, Teillard parla delle nostre scritture manuali: le forme delle lettere, il significante, il contenitore dei nostri pensieri sulla carta, sono anche essi comunicativi ed esprimono il nostro modo peculiare
di vivere e di vedere il mondo, la nostra Welthanschauung, il nostro Spirito.
La scrittura diviene “l’illustrazione di un paesaggio interiore dove i simboli sono i mezzi attraverso cui l’inconscio irrompe nelle coscienza e vi manifesta i suoi contenuti” [1]. Mentre tracciamo le lettere sulla carta mostriamo — a chi lo sappia correttamente interpretare — la nostra vera personalità.
La scrittura è fatta di Simboli, che ci ricollegano alla storia dell’Umanità, ai miti e alle leggende del nostro patrimonio universale.
Per Teillard — psicologa e psicoterapeuta, allieva di Jung e Klages — la nostra psiche (formata da tre “piani” non nettamente separati tra loro: il conscio, cioè la Persona, formatasi in gran parte attraverso l’ambiente e l’educazione; l’inconscio individuale ed un terzo strato o piano, cioè l’inconscio collettivo o universale) non ci appartiene interamente, non ne siamo padroni, come sostiene anche Freud, padre della psicanalisi.
L’inconscio è come un’acqua sotterranea in continuo movimento. Il conscio, punta dell’iceberg, agisce illudendosi di essere autonomo nella volontà e nelle scelte, ma il nostro carattere è in realtà strutturato dal magma sotterraneo — l’inconscio, appunto — che ci conduce, manifestandosi attraverso il sogno o le fantasie, o ancora attraverso lapsus ed errori involontari. Come pure attraverso il nostro modo di scrivere, di occupare lo spazio bianco del foglio, l’ondulazione delle righe o lo spazio che lasciamo tra una riga e l’altra mentre scriviamo. La nostra firma. Tutto parla di noi.
È stato difficile per l’umanità accettare che la ragione non sia del tutto “ragionevole”: “la mentalità europea accetta difficilmente questo fatto perché l’europeo, soprattutto il maschio, soffre di una ‘contrattura del conscio’ e di una sopravvalutazione della ragione ragionante” (A.T., L’anima e la scrittura, pag. 28).
La psiche, dice Teillard, è governata da leggi di cui una delle principali è la polarità: non può esistere un sistema capace di reggersi senza opposizioni interne come sono ad esempio “istinto e spirito”, che stanno “alla base della tensione che chiamiamo energia psichica o libido”. “Conscio e inconscio sono in relazioni complementari e compensatrici” per mantenere il sistema “Persona” in equilibrio.
Tutto il mondo psichico ha a che fare con le immagini archetipiche, così definite da Jung, comuni alla mitologia, alle fiabe, al mondo onirico.
[1] Dal retro della copertina di “L’anima e la scrittura” di Ania Teillard, Boringhieri, Torino, 1985 (prima edizione: Stock, Parigi – 1949)

Se ai nostri giorni questi argomenti sono alla portata di tutti e se ne parla quotidianamente, non era così nella prima metà del secolo scorso, quando i ruoli sociali erano ben più rigidi di quanto avvenga oggi, anni nei quali i principi della psicologia sono patrimonio comune e spesso, forse, anche troppo banalizzati.
La “Persona” impedisce di far trapelare all’esterno fatti intimi che svelino l’altra faccia della medaglia, il nostro inconscio, i nostri istinti primari, i quali pertanto si manifestano in modi dirompenti o attraverso sofferenze, disagi, disturbi fisici o della mente. La scrittura rivela la nostra anima. Ecco su che cosa la studiosa estone pone l’accento: la scrittura non parla solo del carattere, ma esprime l’anima di chi traccia quelle lettere, di chi occupa quel bianco simbolico con segni convenzionali (universali) in modo unico ed irripetibile.
Altro merito della Teillard sta nell’aver creato un collegamento tra il sistema junghiano secondo il quale la psiche è dotata di due tipologie: da un lato gli atteggiamenti introversivi o estroversivi e dall’altro le quattro funzioni relative (pensiero/sentimento/sensazioni/intuizione).
La nostra anima, il nostro Io individuale si muoverebbe attraverso queste categorie, dando vita a soggetti, persone differenti, che in modo peculiare e soggettivo affrontano se stessi, l’ambiente circostante, la vita.
Questa griglia interpretativa del carattere umano porta la Teillard ad analizzare le scritture manuali cercando la linea di sviluppo (o di ritrazione) del soggetto che scrive (Teillard faceva scrivere i suoi clienti fin dall’inizio delle sedute con lei per poterne poi osservare i cambiamenti man mano che l’analisi progrediva).
È interessante notare come vi siano molti punti di contatto tra le quattro funzioni junghiane
e i quattro temperamenti evidenziati dal sistema grafologico morettiano. Girolamo Moretti, grande conoscitore dell’umanità, era arrivato ad identificare quattro “motori” dell’essere umano, quattro vettori in grado di far muovere, commuovere, resistere, attendere gli individui: i suoi quattro temperamenti funzionano in maniera analoga alle funzioni junghiane.
Chi era Ania Teillard
Ania Teillard Mendelssohn, annoverata tra i pionieri della Grafologia, era nata a Dorpat (attuale Tartu), in Estonia nel 1889. Il padre era professore di sanscrito all’università. Cresciuta in un clima
di vivo interesse per le antiche tradizioni orientali e per le espressioni che dalle tradizioni antiche scaturiscono, partecipando ad un linguaggio universale che riguarda tutta l’umanità, si appassiona agli studi di psicologia e scrive saggi.
L’Estonia allora era territorio appartenente alla Russia. Dopo il 1919 la politica russa rese difficile la vita per la colta minoranza tedesca in Estonia cui la famiglia di Ania apparteneva. Perciò si erano tutti trasferiti in Germania.
Negli anni ’20 Ania è a Monaco di cui frequenta l’ambiente culturale; viene in contatto con la famiglia di Thomas Mann.
Ania da giovane si dedica alla scrittura e al teatro. Col fratello Georg inizia ad interessarsi di grafologia e con lui inizia la stesura a due mani del libro Der Mensch in der Handscrift, Leipzig, Edizioni A. Seeman, 1928.
Da quel primitivo interesse per la grafologia, condiviso con la sorella, Georg Mendelssohn si rivolse poi all’interesse per l’arte tipografica e per i caratteri da stampa. Prende da lui nome il font Mendelssohn e molto probabilmente la versione più leggera del font, Hellerau, sempre progettato da Georg.
A Monaco Ania diventa allieva di Ludwig Aub, uno studioso di caratterologia, di psicologia e di grafologia — allora ritenuta ancora negli ambienti colti alla stregua della chiromanzia o delle arti divinatorie in generale — che aveva influenzato i suoi primi scritti e aveva contribuito alla prima stesura del libro Schrift und Seele[1], pubblicato nel 1933. Da Aub Ania aveva assorbito la lezione circa la capacità di scorgere in ciascuna persona l’anima, lo spirito, il sé più intimo e ad aiutare l’altro a scoprire il proprio individuale senso e significato nella vita.
Aub faceva parte di quelle persone che possiamo definire “sensitive”, in grado di cogliere l’altro, attraverso i gesti, la postura, lo sguardo, i moti interiori e le peculiarità più riposte. Aub non apparteneva agli “scienziati” e non aveva elaborato un sistema all’interno del mondo accademico.
La scienza in quegli anni stava prendendo le distanze da ciò che poteva aver a che fare con la chiaroveggenza e col cosiddetto paranormale. Probabilmente per queste ragioni il suo ricordo si è perso. La Teillard si trasferirà in seguito a Berlino dove diverrà allieva di Klages. Collaborerà con Pulver e conoscerà Saudek e Crepieux-Jamin, appassionandosi al collegamento tra psicologia e analisi della scrittura manuale.
Nella “pantomima” del gesto grafico ritroverà l’atteggiamento dell’Io verso la vita, la pulsione fondamentale che anima lo scrivente, gli sviluppi del processo di individuazione, l’impronta di quella particolare energia psichica che è emanazione dell’energia universale da cui è permeata la natura vivente. A Zurigo sarà allieva di Jung e porrà le basi per dare fondamento alle sue analisi grafologiche proprio attraverso la psicologia del profondo.
Nell’ultima parte della sua vita troviamo Ania Teillard a Parigi. Quando vi sia arrivata non si sa, come pure non si sa quando Anja Mendelssohn diventi Ania Teillard. È un mistero avvolto nella nebbia, ma io ritengo possa avere a che fare con la necessità di far scomparite, negli anni ’20, in Germania e comunque dappertutto, un cognome di origine ebraica.
Bibliografia
L’anima e la scrittura, di Ania Teillard, Boringhieri, Torino 1980
“Ania Teillard-Mendelssohn and her first teacher in graphology, the forgotten Ludwig Aub”, di Alexandra Nagel, da The Graphologist, The Journal of the British Institute of grapholigist, Vol. 28, N. 3, Issue 108, Autunno 2010
[1] Tradotto in francese nel 1949 come L’Âme et l’Écriture, Stock, Parigi

Patrizia Rizzi
Grafologa e Responsabile del Gruppo Ricerca